100 anni dalla nascita del PCI, quale eredità e quali prospettive per il futuro della sinistra? Intervista a Massimo Scavino
Cosa spingeva i giovani a partecipare alla vita politica e in particolare ad avvicinarsi al PCI?
Personalmente, innanzitutto per ragioni anagrafiche, mi sono avvicinato al PCI proprio nel momento della svolta. L’ho fatto perché ritenevo che quel drammatico passaggio fosse necessario in primis per salvare la diversità e l’essenzialità di quella grande storia e poi perché pensavo che fosse l’occasione per costruire anche in Italia una grande forza del socialismo europeo. Sognavo “il socialismo dal volto umano” quello che declina insieme uguaglianza e libertà. Cosa spingeva i giovani? L’empatia verso il dolore del mondo e un fuoco dentro che ti spingeva a cambiarlo. Poi spesso realizzavi di non riuscirci ma mutavi comunque in meglio te stesso.
E come valuti la situazione odierna?
È ovviamente cambiato tutto, non la voglia di costruire una società più giusta e solidale. Questa voglia oggi non si incanala più nei partiti ma nei movimenti, nell’associazionismo, nel volontariato.
Quali sono i momenti cruciali della storia del PCI?
Ne citerei due la svolta di Salerno di Palmiro Togliatti e poi l’idea di compromesso storico di Enrico Berlinguer. Basta studiare quei passaggi per capire tutta l’eccezionalità dell’esperienza comunista italiana.
Perché e come si è passati dal PCI al Partito Democratico?
La svolta e le successive trasformazioni in PDS e DS furono passaggi per salvare l’originalità della storia comunista italiana che rischiava immeritatamente, seppur con tutti i suoi errori, di essere travolta dai calcinacci del Muro di Berlino.
Poi venne il PD per certi versi il tentativo di compromesso storico del terzo millennio o se vogliamo la scommessa ad oggi incompiuta di tenere insieme riformismo e radicalità.
Il PD può ritenersi erede della storia del PCI?
In parte sicuramente e in parte immeritatamente. Ma è la sorte di tutti gli eredi.
Ha ancora senso oggi definirsi “comunista”?
Ha ancora senso un mondo in cui 8 persone detengono la ricchezza della metà della popolazione del pianeta e dove circa 800 milioni di persone sono in stato di estrema povertà?
Diciamo che guardando avanti scevri da caricature nostalgiche, rinverdendo il bagaglio ideale, ha ancora senso lottare per una società di liberi e uguali.
Da più parti si tende ad accostare comunismo storico e nazifascismo, quasi fossero equiparabili. Che cosa rispondi?
È la notte hegeliana in cui tutte le vacche sono nere.
Il PCI è stato uno dei principali artefici della lotta di liberazione dal fascismo, vergando quella carta costituzionale che continua ad essere il documento più alto e più nobile della storia italiana.
Poi anche idealmente l’accostamento è improponibile. Il comunismo, con tutti i crimini del socialismo reale che vanno condannati senza reticenze, partiva da una idea di emancipazione e uguaglianza di tutti gli uomini, il nazifascismo è concettualmente prevaricazione dell’uomo sul suo simile.
Quale sarà il futuro della Sinistra italiana e sarà come lo vorresti?
Continuo a pensare che la Sinistra o è emancipazione civile e sociale oppure non è. Credo sia il tempo di ricostruire un pensiero di liberazione degli esclusi del nostro tempo, di rimettere in discussione un modello di sviluppo insostenibile, anche avendo il coraggio di scomporre e ricomporre le nostre attuali storie politiche. Andare oltre, da eretici se serve, con l’ambizione, parafrasando Berlinguer, che si possa dire un giorno “comunque è rimasto fedele agli ideali della sua giovinezza”
Massimo Scavino