GIOVANI DEMOCRATICI

La mia roccia si è spostata

“Non c’è niente che ti rende più folle del vivere in una famiglia. O più felice. O più esasperato. O più… sicuro.” (Jim Butcher).

Siamo abituati ad immaginare il concetto di famiglia come coeso, compatto e inalienabile. Qualcosa di dato per natura, ammesso che qualcuno abbia capito per certo che cosa si intenda con quest’ultimo termine. Ma se invece non fosse tutto così certo e sicuro? Se ci fossero così tante sfaccettature, da relegare in un angolo, l’immagine idilliaca della famiglia felice del Mulino Bianco? È stata questa la curiosità che ha fatto nascere, il mio progetto, nell’anno scolastico 2016-2017. Quell’anno 525 studenti albesi su circa 3000, hanno partecipato al mio studio. Oltre ai questionari, ho raccolto 12 interviste agli ex studenti, 5 interviste telefoniche ai liceali, un’intervista individuale faccia a faccia con uno studente e due focus group. Volevo capire, cosa ne pensavano i ragazzi, un po’ più giovani di me, di questa “chimera” che noi chiamiamo famiglia. Così, ho deciso di fare, ciò per cui ho studiato e sto studiando: andare sul campo. Ho iniziato con un questionario di 8 domande chiuse e due domande aperte, supportato da due tracce qualitative, una da somministrare ai liceali e per fare i focus group, mentre l’altra per contattare gli studenti, che erano stati miei alunni durante il tirocinio curricolare, effettuato durante il secondo anno della facoltà in cui sono Laureata, Comunicazione Interculturale. Inizialmente, avevo l’intenzione di coinvolgere solo i ragazzi di un liceo, ma dopo essere stata nella prima scuola, mi sono appassionata ancora di più al mio progetto, quindi ho deciso di estendere la mia ricerca a 6 Scuole Superiori di Alba, con diverso stampo formativo. In questo modo la mia “survey”, ha assunto caratteristiche sociologiche, pur rimanendo di stampo e di tema antropologico, poi, ho integrato la parte quantitativa con quella qualitativa. Questa iniziativa è stata un successo, che mi ha portata a vivere esperienze ed emozioni gratificanti, come l’aver riproposto lo studio in più occasioni, sia ad Alba che a Torino. Questo è accaduto, perché è emerso come ci siano punti di vista molto discordanti sulla famiglia. È interessante come alcuni alunni sembrino essere aperti ad ogni forma di famiglia e parentela, abbandonando molti stereotipi che pare riaffiorino con quello che è stato il Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona, di poche settimane fa, e come altri, invece, sembrino sposare completamente le ideologie espresse durante quell’occasione. Quindi ho provato a creare due grandi categorie, sicuramente approssimative, ma comunque significative, poiché vedono come, nelle scuole dove vengono insegnate materie di stampo umanistico, serpeggi il dubbio, interrogandosi sulle domande che ho posto nel questionario, arrivando a legittimare forme di unione disparate, poco legate al concetto tradizionale, mentre negli istituti di stampo più pragmatico ci siano idee più settoriali, sicure, prestabilite. Quelle prevalenti vedono la figura del padre come “breadwinner” e la madre come casalinga, intenta alla cura della dimensione affettiva. In ogni caso abbiamo una concezione di famiglia, vista più che altro, come unione guidata dall’amore, sembra però che ci si dimentichi che esso sia universale e che non è detto che ci sia solamente in caso di unione eterosessuale, con finalità riproduttive. Per questo le idee espresse durante il Congresso di Verona, hanno destato tanto clamore: dai telegiornali, ai giornali, ai social, abbiamo potuto vedere, come le diverse idee, abbiano creato fazioni, divisioni, strumentalizzazioni politiche. Questo è stato dovuto, ad un atteggiamento sbagliato, da parte delle diverse correnti di pensiero, perché più che attaccare o assumere atteggiamenti aggressivi o vittimistici, l’obiettivo avrebbe dovuto essere quello di dialogare. Attenzione a questa parola, poiché dialogare, non significa dire la propria idea e poi difenderla anche quando gli argomenti scarseggiano, ma significa ascoltare, 2 con attenzione il punto di vista altrui, in modo che tutti gli interlocutori finiscano la conversazione, arricchiti di nuovi punti di vista. A Verona è mancato questo, è mancato il confronto, è mancato il dialogo. Per questo ci sono state persone, che si sono sentite minacciate nella tutela e conservazione dei propri diritti, non si sono sentite ascoltate o considerate, nella complessa equazione di giochi di potere, espressi durante questo Congresso Mondiale. Invito quindi a riflettere un secondo in più su tutto ciò che diamo per scontato, sia nella vita quotidiana o sia quando difendiamo una nostra idea, perché tutto ciò che diamo per certo, assoluto, immutabile, non è detto che sia sempre e per sempre così.                        Angelica Borio, GD-Alba

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