Un’Europa debole?
La sedia della discordia: molto probabilmente avrete visto tutti o quasi la foto che ritrae la presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, durante una visita ufficiale ad Ankara, insieme al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. I due uomini comodamente seduti su una sedia, con Von Der Leyen relegata su un divanetto laterale e con un chiaro imbarazzo espresso da un eloquente “Ehm” sussurrato stupita.
La notizia è stata molto chiacchierata sui media, anche alla luce del commento fatto dal Presidente del Consiglio Draghi durante una conferenza stampa, dove il premier, pur ribadendo che “ne abbiamo bisogno e ci dobbiamo avere a che fare”, non ha esitato nel definire Erdogan “dittatore”, generando una scontata reazione turca, con la convocazione dell’ambasciatore italiano e una dura condanna da parte del Ministro degli Esteri del governo di Ankara.
I commenti sono stati molteplici e di diversa lettura: Michel doveva reagire in maniera più ferma, si tratta dell’ennesima dimostrazione dell’autoritarismo “Erdoganiano”, ma vorremmo andare un po’ oltre a questi piani di lettura e provare a interpretare il tutto nel contesto di una fragile Unione Europea, davanti a sfide importanti e sovrapposte, come la campagna vaccinale, una difficile coesione in politica estera, ma non solo, anche sul piano valoriale, basti pensare al nascente asse ultraconservatore Salvini-Orban-Morawiecki.
Sui vaccini, è ormai famigerata anche a livello televisivo e giornalistico la lenta macchina europea, tra il “caos gestionale” su Astrazeneca condito anche da una comunicazione altalenante e farraginosa, i paesi che di testa propria hanno scelto di puntare su vaccini non ancora approvati dall’EMA, vedi l’Ungheria, o ancora le diverse strategie e priorità che creano inevitabili discrepanze tra i paesi e conseguenti criticità nello sviluppo di un sistema come quello, per esempio, del “green pass” vaccinale.
Sicuramente si apre una questione in merito, che è quella della struttura in sè dell’Unione Europea e di come ogni singolo stato membro può contribuire in maniera efficace(o meno) alla sua stabilità e alla sua rilevanza politica(o meno): quanto pesano gli interessi nazionali nella riuscita del progetto europeo? Quanto ogni singola nazionale è disposta a sedersi al tavolo per ragionare una politica davvero comunitaria su grandi temi come l’ambiente, i diritti civili, il fisco o le relazioni internazionali?
Insomma, in conclusione la domanda da porci forse è: se vediamo e percepiamo le istituzione europee come fragili e poco capaci di portare avanti con credibilità le proprie istanze di fronte ad attori di peso come la Turchia(in questo caso), o anche Russia,Cina o Stati Uniti, non c’è forse una parte di responsabilità degli stati che compongono l’UE nel non volersi spendere a pieno, visto che questo può comportare dei compromessi e dei negoziati politici anche spinosi?