Biotestamento: una questione di scelta
Lo scorso 31 gennaio è entrata in vigore la legge sul biotestamento. Questa potrebbe rappresentare una grandissima svolta per tutti coloro che vogliono prendere in mano la propria vita fino all’ultimo.
L’approvazione di questa legge si stava aspettando da tempo, principalmente dal caso Englaro. Il 18 gennaio 1992 Eluana Englaro, appena ventenne, fu coinvolta in un incidente stradale. A seguito di questo, si ritrovò in stato di coma profondo, poi, nel tempo mutato in uno stato vegetativo con perdita di capacità psichica, percettiva e cognitiva. Dopo quasi quattro anni da quel giorno del 1992, ed a seguito di una immutata condizione, viene dichiarata interdetta per assoluta incapacità (situazione per la quale un soggetto è abitualmente in stato di infermità mentale tale da essere incapace di provvedere ai propri interessi). Da quel momento viene indicato come suo tutore legale il padre. Dopo pochi anni dalla nomina del tutore, inizia quello che sarebbe poi diventato lo storica caso molto dibattuto. Il padre di Eluana, Beppino Englaro, vedendo le immutate condizioni di sua figlia e l’irreversibilità della patologia che affliggeva la ragazza (che si trovava a vivere in modo artificiale attraverso le macchine) chiede, nell’interesse della figlia, una disposizione che prevede l’interruzione della terapia, ovvero, lo staccamento dalle macchine.
Nel 2008 viene emesso questo provvedimento in cui si recita che qualora il malato giaccia in stato vegetativo permanente, e sia tenuto in vita in modo artificiale, su richiesta del tutore, il giudice può autorizzare la fine delle terapie in caso di:
– Stato vegetativo permanente ed irreversibile
– dichiarazioni precedenti del paziente riguardanti il suo modo di concepire l’idea di dignità della persona.
Nel caso in cui manchi uno dei due presupposti, il giudice deve negare qualsiasi autorizzazione.
Questo caso, come già accennato, ha portato a molte riflessioni, anche all’interno del nostro parlamento, soprattutto negli ultimi anni. Divenne il precursore della legge approvata il 14 dicembre 2017 ed entrata in vigore il 31 gennaio scorso con il titolo: “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari”, in cui si riconosce la possibilità di lasciare il proprio biotestamento, ovvero si prevede la possibilità di decidere in un momento in cui si è ancora capaci di intendere e volere, quali trattamenti sanitari si intenderanno accettare o rifiutare nel momento in cui ci si potrebbe trovare in una situazione simile o analoga al caso spiegato precedentemente.
Il biotestamento, conosciuto anche con l’acronimo DAT (disposizioni anticipate di trattamento), si attua quando i soggetti non sono in grado di autodeterminarsi. Le DAT possono essere modificate o revocate dal soggetto che le ha sottoscritte, in qualsiasi momento. Tutti i cittadini maggiorenni e capaci di intendere e volere possono redigere il documento.
Tali disposizioni sono redatte con atto pubblico o scrittura privata autenticata, oppure scrittura privata consegnata personalmente all’ufficiale dello Stato Civile del comune di residenza.
Chi esprime le DAT deve indicare una persona di fiducia, denominata “fiduciario”, maggiorenne e capace di intendere e di volere, che lo rappresenta nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie dal momento in cui il disponente non fosse più capace di confermare le proprie intenzioni. L’accettazione della nomina da parte del fiduciario avviene attraverso la sottoscrizione delle DAT.
Se le DAT non contengono l’indicazione del fiduciario, oppure questi vi abbia rinunciato, sia deceduto o divenuto incapace, mantengono efficacia in merito alle volontà del disponente. In caso di necessità il giudice tutelare provvede alla nomina di un Amministratore di sostegno. Le DAT sono redatte in forma libera e devono essere consegnate al comune di residenza personalmente dal firmatario. Nel caso non fosse possibile rendere una dichiarazione scritta, le DAT possono essere rese mediante videoregistrazione o altri dispositivi che consentano alla persona di comunicare.
Le DAT devono contenere i dati anagrafici del sottoscrittore e del fiduciario, il consenso o il rifiuto di specifiche pratiche mediche, l’indicazione delle situazioni in cui dovranno essere applicate, la data e la firma sia del sottoscrittore che del fiduciario.
Le DAT vengono conservate dal Comune e i dati del sottoscrittore e del suo fiduciario, vengono iscritti in un apposito registro cartaceo.
Potranno prendere visione delle informazioni in esso contenute solo il dichiarante e, se indicati da lui, il medico di famiglia e i sanitari che lo avranno in cura.Alcuni comuni, prima che la legge fosse definitivamente approvata avevano già predisposto un registro apposito e al momento sono già 253 quelli attivi sul territorio nazionale.
Grazie a questa legge, ogni cittadino è libero di prendere in mano la propria vita fino all’ultimo istante e decidere per la sua persona. Molti casi, insieme a quello Englaro hanno dato la possibilità di arrivare a questo, di ottenere l’espressione di una libera scelta. Scelta che resta nelle mani di ognuno di noi.
Francesca Rizzo
GD Alba