Voglia di legalità – intervento in consiglio comunale di Sara Pennella gruppo consigliare PD

Troppo spesso il nome del nostro Paese è associato a casi di malaffare, di scandali politici, di mancanza di legalità. Mafia è tristemente tra le parole italiane più conosciute al mondo, pensiamo che tantissimi sono i prodotti agroalimentari venduti in tutto il globo che fanno richiamo all’organizzazione criminale, nella sola Spagna sono più di 35 i ristoranti appartenenti alla catena “LA MAFIA”.

Così facendo si continua ad alimentare uno stereotipo che purtroppo ci contraddistingue da anni, quello dell’italiano mafioso che agisce nel mancato rispetto delle regole e della legalità. E cosa ancora più triste, troppo spesso siamo noi i primi ad identificarci in quello stereotipo, autoconvincendoci che alcune furberie appartengano alla nostra cultura e tradizione, facendo un’obbiettiva autocritica quante volte messi di fronte alla notizia di uno scandalo o scoperto qualcuno che agisce aggirando le regole facciamo spallucce e affermiamo “di cosa ci stupiamo, siamo in Italia, funziona così”.
Eppure, vi sono stati uomini italiani che del rispetto della legalità ne hanno fatto una ragione di vita, correndo una corsa contro il tempo e verso morte certa, perché diceva Giovanni Falcone:
“La mafia non è affatto invincibile è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine, piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave, e che si può vincere non pretendendo l’eroismo dei singoli cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze”
Dovettero utilizzare 400 chili di miscela esplosiva per piegare il suo spirito di servizio e la sua fame di legalità.

In un’intervista immediatamente successiva alla morte del amico d’infanzia, alla domanda si sente un sopravvissuto il giudice Borsellino rispondeva così: “convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano”, accetto e ho sempre accettato più che il rischio le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e vorrei dire anche di come lo faccio, lo accetto perché ho scelto ad un certo punto della mia vita di farlo, e potrei dire che sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi pericoli, la sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi, come viene ritenuto in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me, e so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione, o franco vorrei dire dalla certezza, che tutto questo può costarci caro”.

Il 23 maggio, il 19 luglio, il 6 gennaio, il 3 settembre e tante ancora sono le date insanguinate che potrebbero essere citate, che non debbono essere solo memoria, ma concreto proseguo nell’azione di chi non c’è più, vivendo il nostro quotidiano di cittadini ispirati da un senso di responsabilità e rispetto delle regole, per costruire giorno dopo giorno partendo dalle nostre azioni un futuro migliore.
Emanuele Schifani, figlio di Vito Schifani agente della scorta del giudice Falcone, studia per diventare Ufficiale della Guardia di Finanza
“Mio padre è morto da uomo di Stato, ed ora continuo io da uomo di Stato, ho scelto di entrare nella corpo della Finanza perché da qualche parte lessi che Alcapone non venne arrestato per la strage del Valentino, ma per non avere pagato le tasse. Ogni volta che vado a Palermo, percorro l’autostrada vedo le colonne coi nomi ho un vuoto, qualcosa di indefinito allo stomaco, le farfalle non saprei definire quella sensazione. Se da tutto questo devo trarre un lato positivo dico che abbiamo dimostrato alla gente che la mafia si può combattere, io sto diventando un ufficiale della guardia di finanza, Manfredi Borsellino è un funzionario, non ci hanno piegato, da qui riparte la nostra lotta”.

Perché è un fatto umano, e come ogni fatto umano ha un inizio e avrà una fine.

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