Acque Internazionali

Pescatori di Mazara del Vallo, Regeni e Zaki: quale ruolo per l’Italia nel Mediterraneo?

Dopo oltre 100 giorni sono stati liberati i 18 pescatori di Mazara del Vallo tenuti in “ostaggio” in Libia: la prima emozione davanti a una notizia del genere non può che essere di profonda gioia e sollievo, soprattutto per le famiglie che aspettavano con ansia ormai da più di 3 mesi. 

Premessa appunto la grande felicità per il ritorno a casa dei pescatori, è secondo noi giusto spingerci un po’ più a fondo nell’analisi non solo di questa vicenda, ma di un contesto attuale che vede il nostro Paese coinvolto anche nella questione del processo per l’omicidio del ricercatore Giulio Regeni, rapito, torturato e quindi ucciso al Cairo a cavallo tra gennaio e febbraio 2016, senza dimenticare la vicenda dello studente presso un master dell’Università di Bologna, Patrick Zaki, detenuto sempre in Egitto in base ad accuse del tutto arbitrarie e in condizioni che destano preoccupazione.

Sono tutti eventi sicuramente con differenze che vanno doverosamente ricordate, ma che al tempo stesso sono unite da un fil rouge, quello dell’impegno delle istituzioni governative e diplomatiche, su un terreno scivoloso che vede da un lato l’importanza inscalfibile dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dall’altro la realpolitik e i rapporti commerciali, che per quanto riguarda l’asse Roma-il Cairo vede anche un tema delicatissimo come quello delle forniture di armamenti.

I pescatori di Mazara del Vallo

In primis, sicuramente i fatti di questi giorni toccano la politica interna, che vede il premier Conte asserragliato tra la “verifica di governo” richiesta da Italia Viva e i malumori interni alla maggioranza per quanto riguarda la delega ai servizi segreti del presidente del consiglio stesso ; questo quadro attribuisce un significato simbolico al viaggio-lampo di Conte e Di Maio a Bengasi. Sicuramente sarebbe auspicabile la maggior unità possibile all’interno delle forze che sostengono l’esecutivo, data la larga quantità di sfide tutt’altro che semplici che si manifestano lungo questi eccezionali tempi.

Sul fronte della politica estera, i temi sicuramente sono molteplici e di interpretazione tutt’altro che banale; si tratta innanzitutto di un aspetto sul quale l’approccio italiano è stato negli ultimi anni spesso “bollato” nella percezione comune come poco incisivo, con la percezione ormai diffusa di una presenza macchiettistica nell’intricato contesto del Mediterraneo, dove spadroneggiano forze come la Turchia di Erdogan o la Francia di Macron, fatto che sicuramente, va detto, non rende mai facile l’azione di altri paesi, che si trovano a doversi confrontare con dei pesi massimi. Lo stesso presidente francese ha ricevuto in pompa magna pochi giorni fa all’Eliseo l’omologo egiziano al-Sisi, personalità quanto meno controversa, divisa tra un ruolo molto forte assunto dopo la caduta del regime di Mubarak e i fatti della Primavera Araba e le palesi prove di violazione ripetuta dei diritti umani e repressione violenta del dissenso.

Insomma, per tirare un po’ le fila di questi brevi ma secondo noi interessanti spunti di riflessione, ci dobbiamo porre l’interrogativo del bisogno, oggi più che mai, di un impegno nelle relazioni internazionali e di una politica estera maggiormente comune per gli stati membri dell’Unione Europea, essenziale in un contesto internazionale sempre più polarizzato e dominato da superpotenze come gli Stati Uniti e la Cina o per esempio come già detto dalla Turchia che fa la voce grossa in un quadro più locale ma comunque importante come quello della zona del Mediterraneo. Un cenno finale va però fatto, sempre riguardo agli Stati Uniti, al fatto che l’elezione a Presidente del democratico Joe Biden potrebbe aprire un nuovo spiraglio di un maggior impegno del Paese a stelle e strisce nelle questioni internazionali, con un approccio più votato al multilateralismo rispetto all’ormai nota politica isolazionista di matrice trumpiana.

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